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Oltre al campo riconosciuto ufficialmente dal Comune, Padova ospita (si fa per dire) almeno un altro paio di stanziamenti di rom. Sono quelli che non hanno né luce né gas, e che per procurarsi l’acqua devono attraversare i binari della ferrovia. Alcuni – i serbi – vivono oltre i cancelli di un ex stabilimento industriale, proprio alle porte del centro cittadino. «Venite, accomodatevi», ci dicono non appena varchiamo il cancello, nella speranza che siamo andati a trovarli per organizzare un doposcuola con i bambini. Ma poi quando capiscono che lavoriamo in un giornale, la cosa tutto sommato gli va bene lo stesso. La loro preoccupazione è lo sgombero. Hanno già ricevuto diverse ingiunzioni e non sanno quando le minacce passeranno dal dire al fare. «Non vi posso promettere niente», dice Tommaso Cuzzolin osservando le carte. «Ma vedrò se è possibile fare qualcosa».
In Via Ticino, dietro la ferrovia, la situazione è ancora peggiore. Un gruppo di rom rumeni vive nei locali di un vecchio stabilimento industriale. Hanno allestito una sorta di accampamento provvisorio, dove non regna il caos tipico dei campi rom. Letti, coperte, divani sono ordinatamente disposti nel vecchio capanno. Al centro un divano e una poltrona sono stati piazzati come in un salotto. Sono nomadi (per una volta nel vero senso della parola) che vanno e vengono dalla Romania. Ma cosa facciano esattamente in Italia non è chiarissimo.
Tommaso Cuzzolin non esita a risalire il terrapieno e a dare una voce al gruppo di venti persone che consuma la cena in ordine sparso. «Confido nella Croce che porto sempre al collo», dice mentre quelli smettono immediatamente di mangiare e ci vengono incontro col calore che i rom conservano anche nelle situazioni più disperate. «Lavoro», «cerco lavoro», «non trovo lavoro», dicono in alternanza, mentre mostrano la casa separata dall’esterno da un tendone o mentre ci conducono, a lume di candela, su per le scale, nelle stanzette dove dormono in cinque o sei, e dove i topi non riescono a salire. E intanto fanno richieste: «la signora che distribuisce i vestiti non ce li vuole dare, ci dice sempre di no». «La conosco», risponde il diacono. «Cercherò di parlare con lei».