VOLTI E STORIE - AMICI DELLE CUCIME POPOLARI ( PADOVA)

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VOLTI E STORIE

Restituire dignità alle persone" è l'obiettivo delle cucine popolari
Da centoventi anni al servizio dei poveri

E' una storia lunga più di un secolo quella delle cucine economiche popolari di Padova. Ce la racconta padre Elia Ferro, delegato del Vescovo per le cucine stesse. "Tutto iniziò con i protestanti - ricorda -, che dopo l'alluvione del 1882 fecero nascere la mensa per venire in aiuto delle persone in difficoltà. L'anno successivo la Chiesa riprese l'iniziativa che rischiava altrimenti di finire, e col passare degli anni l'ha trasformata in un punto di rifugio per i poveri, particolarmente importante per i contadini che accorrevano in città durante la guerra". Oggi le cucine popolari sono un punto di accoglienza per tanta gente: "Padova, come tutto il Nord-Est - ricorda padre Ferro -, è una zona di passaggio, dove si vengono a trovare molte persone ai margini della società. Circa il 70 per cento dei nostri fruitori sono infatti stranieri. Le cucine attualmente forniscono ogni giorno dai 450 ai 500 pranzi e 200 cene. Tutti rigorosamente pasti caldi, come è nella nostra filosofia".
Chi fa funzionare la struttura? "Il responsabile in prima persona è il Vescovo, ma il tutto è gestito dalle suore Elisabettine, che hanno in suor Lia la loro figura guida. Grandissimo merito va però anche ai volontari: ne possiamo contare fra i 50 e i 100, e il fatto rilevante è che molti di loro sono giovani studenti universitari, che occupano il loro tempo libero aiutando gli altri".
Un altro aspetto importante delle cucine economiche popolari è l'assistenza sanitaria: " Abbiamo una trentina di medici che offrono gratuitamente le loro prestazioni al di fuori dell'orario di lavoro - conferma padre Elia Ferro -.
Ma il nostro, compito non si ferma qui: ci occupiamo anche del vestiario, donatoci dai padovani, e dell'igiene personale. Vogliamo, insomma, restituire piena dignità alle persone che ci vengono a fare visita".
E' importante però far capire - conclude il religioso -, che la società non può permettersi di produrre… poveri. E' vero che il servizio delle cucine prosegue da 120 anni a questa parte: ciò sta a significare che delle persone sfortunate ci sono sempre.
Ma, comunque, bisogna far sì che nella società ci sia un posto per tutti".

Il Mattino di Padova 24/12/02
La sfida di suor Lia: adottate un senzatetto
Alle Cucine pranzo di Natale per 400 persone
e poi il vescovo incontrerà gli immigrati
di Simonetta Zanetti


"Se volete veramente fare un atto di carità, adottate un immigrato o un senzatetto". Malgrado sia totalmente assorbita dai preparativi del pranzo di Natale alle cucine popolari di via Tommaseo, suor Lia Gianesello trova ancora l'energia per scuotere le coscienze. Nei giorni in cui la povertà e la solitudine si fanno più pesanti da sopportare la responsabile del centro di pronta accoglienza diurna della Diocesi esorta a non nascondersi dietro al falso altruismo e a compiere gesti di vera solidarietà.
"l doni e il tempo delle persone sono sempre preziosi, ma non serve a niente mettersi a posto la coscienza dimostrando qualche attenzione il giorno di Natale", spiega suor Lia. "E' l'impegno quotidiano che rende possibile il recupero di un individuo. Per questo basterebbe che ogni famiglia si facesse carico del disagio di una sola persona per migliorare la situazione delle centinaia di disperati che tutti i giorni cercano da noi cibo e qualche coperta".
Tra poche ore la struttura di via Tommaseo accoglierà 350-400 persone per il pranzo di Natale, mentre altre cento verranno dirottate nella parrocchia di San Pio X. La festa inizierà alle 11.20 con la messa, cui seguiranno gli auguri del vescovo Mattiazzo. Poi, il pranzo: dall'antipasto al caffè, con un bis di primi, carni, verdure, panettone, spumante e frutta che diversamente dagli altri giorni verranno serviti a tavola. "La mia impressione è che i padovani siano molto più bravi ad esprimere solidarietà a livello culturale e razionale che concretamente. Poi, quando arriva il momento di agire sui bisogni della persona, la cultura solidaristica cade. Se un individuo ha la sua casa, non fa fatica a trovare degli aiuti, ma se questo manca anche delle risposte fondamentali a quel punto non trova molti appoggi", prosegue suor Lia.

"Spesso si presentano qui persone che hanno chiesto aiuto ovunque, che hanno bisogno di soddisfare esigenze primarie, come cambiarsi, coprirsi, mangiare; il centro dovrebbe essere un punto di partenza, non di arrivo". Una media di 600 pasti al giorno, con punte di 750: d'inverno le fila dei senzatetto che cercano aiuto in via Tommaseo si ingrossano. La maggior parte sono extracomunitari, anche se in questo periodo sono numerosi anche gli italiani, soprattutto meridionali, che si ripresentano nel loro ciclico peregrinare. Ci sono poi le donne, sempre più numerose: "Alcune immigrate hanno avviato la procedura di regolarizzazione in alcune famiglie, ma ce ne sono tante che sono arrivate dopo settembre e che al momento non hanno prospettive. Soprattutto quando hanno figli piccoli il loro desiderio è quello di mettere radici e lavorare, per assicurargli un futuro", conclude suor Lia immersa tra i vapori della sua cucina; infine la religiosa esprime un desiderio: "Quando la gente arriva qui ha già un percorso di esclusione sociale ed è difficile che trovi la forza per recuperare. La cosa che più di tutto vorrei per le persone che festeggeranno il Natale in mensa è un alloggio. Se penso a dove dornono tanti di loro mi vengono veramente i brividi. Questa sarebbe una grande risposta, un primo passo per ricongiungersi con la famiglia.

 
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